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Il mio annuncio diceva bassista cerca gruppo post punk, ma a rispondermi non fu un gruppo post punk. Si presentò puntuale alla fermata della metro A. Mi portò un disco dei Gogogo Airheart. Era timido e cupo, aveva il doppio della mia età e un lavoro di merda, ma scriveva su XXXXXXXXX. Voleva mettere su un'etichetta, poteva darmi contatti. Dopo neanche sei giorni, le prime lettere e i messaggi.
"Vedi Niccolò, la gente non è il mestiere che fa, o i vestiti che porta, le scarpe che mette, la roba che ha. E per questo non mi riconosco in questa società: per me contano i dischi, i bagni nel mare, l'umanità."
Si definiva anarcoide, si vestiva come un impiegato. Frequentava soltanto ragazzini, liceali. Ogni tanto provava a parlare di sesso: capivo dove voleva arrivare e cambiavo argomento.
Quando vide casa mia fu così imbarazzato da dirmi che la sua famiglia aveva un casale a Orvieto; che era benestante, più che benestante, se avesse voluto avrebbe potuto smettere di lavorare in qualsiasi istante.
"Vedi Niccolò, la gente non è il mestiere che fa, o i vestiti che porta, le scarpe che mette, la roba che ha. Ad esempio mio padre insegnava all'università. Quando è morto non sai i telegrammi, la quantità."